APPUNTI DI SPIRITUALITA’

Credere è (ri)cominciare. L’ascensione di Gesù al cielo: “Forza, rimboccatevi le maniche”, Don Marco Pozza

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Le attese della Chiesa italiana nei confronti degli Istituti Secolari a 75 anni dal Motu proprio primo feliciter, Mons. Ubaldo Reina

Consacrazione secolare: Il nostro modo di vivere il battesimo a servizio della santità di tutti, Mons. Claudio Stercal

Lavori di gruppo, a cura di Elisabetta Corradini, Cosimina Puglisi, Laura Della Torre, Laura Floris

Come viviamo la secolarità, oggi, nel contesto lavorativo. Restituzione dell’incontro dei membri in età di lavoro: esigenze e risposte, Rita Mauri

Omelia, Don Luighi Chistolini

TEMI APERTI

Lavorare per tornare a vedere un domani, Renata Mazzini

PASSI DI SECOLARITA’

Un bel passo di integrazione, Corinna

DALLA CIIS

Verbale dell’Assemblea dei Responsabili

Le prime missionarie secolari comboniane in Kenya, Padre Andrew Bwalya

ESERCIZI SPIRITUALI


EDITORIALE

Ho un esercizio da proporre per quando saremo in automobile, in coda, accaldati e stanchi. Un esercizio semplice ma allo stesso tempo importante.
Noi saremo lì, sulla nostra auto, passeggeri o conducenti non importa, desiderando raggiungere presto la nostra meta estiva. Ci innervosiremo vedendo altri autisti sorpassare senza le dovute precauzioni e con arroganza prendersi la nostra strada, allontanandoci dalla nostra meritata vacanza. Noteremo con fastidio che ha un grosso, arrogante, inquinante e ingombrante Suv e ci lamenteremo, sbuffando.
All’autogrill, stamattina, la ragazza al banco ci ha servito il caffè malvolentieri e un po’ scortesemente ce l’ha appoggiato lì, senza cerimonie.
Tutto questo dopo che un uomo sudaticcio e peloso ci ha rubato il posto: “Era il mio turno” diciamo sotto voce, ma rancorosi. Un bambino, correndo nel parcheggio ci ha urtato leggermente, facendoci perdere l’equilibrio.
“Maleducato” pensiamo, “dov’è sua madre?”. Iniziamo male.
Tutto questo sta rovinando le nostre vacanze, probabilmente. Ma la causa non è il Suv, né la barista o l’uomo peloso, né il bambino vivace.
Il problema è nostro. Cioè, è nostro, quando viaggiamo col pilota automatico nel cervello. Per fortuna però il cervello è nostro e possiamo controllarlo. Sforzandoci.
Il problema è uno, ed è più grande di quanto non sia sembrato finora: noi pensiamo a noi stessi come il centro del mondo. In questo modo ogni persona o cosa interagisca con noi in un modo che non avevamo previsto diventa automaticamente un ostacolo, un nemico, qualcosa che si frappone tra noi e il nostro obiettivo, addirittura, a volte, tra noi e la felicità stessa della nostra vita. Le mie vacanze, la mia voglia di arrivare, la mia stanchezza, la mia fame, la mia sete… e ancora la mia strada, il mio caffè. Il tutto contrapposto alla sua arroganza, la sua maleducazione, il suo sudore, la sua negligenza.
Allora qual è l’esercizio, vi starete chiedendo?
Bene. Noi saremo in automobile e non vedremo l’ora di raggiungere la spiaggia. Sono undici mesi che aspettiamo questo momento. Un’auto ci supera a gran velocità, senza troppa accortezza. Forse non è nemmeno uno a cui piace correre
in macchina, solitamente, ma gli hanno detto che sua madre sta male e corre in auto per arrivare prima. Sa che non potrebbe, ci sono i limiti, ma è preoccupato e non sa farne a meno. Quell’altro col Suv non sta nella sua corsia. Per forza, con una macchina così…
Quello che non sappiamo è che l’uomo alla guida ha avuto un brutto incidente qualche anno fa e da allora è traumatizzato. Per questo il suo analista gli ha consigliato un’auto che lo faccia sentire al sicuro. Peccato, lui avrebbe preferito una Panda, ma forse questo mastodonte può servirgli da terapia.
La ragazza dell’autogrill era un po’ svogliata, sì, ma abita lontano dal posto di lavoro e per essere lì alle 6,45 a servirci il caffè si è dovuta svegliare alle 4.
Il bambino del parcheggio… è un bambino. Le maestre dicono che è molto disciplinato, solo che oggi è il giorno della partenza, ed è eccitatissimo: non vede l’ora di essere al mare. Proprio come noi.
Ora, l’obiezione più evidente che potreste farmi è: “Sì, va beh, ma sono tutte situazioni alquanto improbabili. È molto più facile che si tratti piuttosto di maleducati fatti e finiti. Gente senza rispetto, perché non ci sono più le regole, …bla bla”.
Tutto vero, anche se un po’ scontato.
Ma il punto non sta nel negare l’evidenza, fingere di vivere in un mondo dove tutti sono buoni e belli o, peggio, trovare giustificazioni insostenibili ad ogni errore.
Lo scopo dell’esercizio è coltivare il dubbio. Dimettere gli automatismi del pensiero. Placare la rabbia (e l’egocentrismo che ne è causa) e porsi invece domande, riconoscere che dietro a gesti sbagliati o incomprensibili, dietro all’altro, c’è la complessità della vita. Ci vuole qualche attimo in più, un po’ di fatica forse, ma imparare e scegliere come e a cosa pensare è piuttosto importante.
Vale ogni giorno, sempre, nelle cose piccole come in quelle grandi.
Iniziamo quest’estate.

m.r.z.


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