APPUNTI DI SPIRITUALITÀ
Il ruggito di Dio contro ogni prepotenza, Stefano Traini

IN PRIMO PIANO
Il voto di povertà, Anna Bissi

CAMMINI DI CHIESA
La distanza più breve tra noi è una storia, Mario Calabresi e Column McCann

L’OPINIONE
Dislocata, frammentata, impegnata, Chiara R. (a cura di)
Vivevamo nelle fattorie, Stefano Fezzardi

PASSI DI SECOLARITÀ
Religione: aeroporto!, Fabio Domenico Vescovi
Il passo del pellegrino, Vanessa Facchi

DALLA CIIS
Insieme per scelte audaci, Cosimina Puglisi, Carmela Sanseverini
La cittadinanza attiva nei messaggi dei papi agli istituti secolari, Enza Andriano

SEGNALAZIONI


EDITORIALE

Pensando a questo editoriale, pensavo a tutte le “brutte cose” che vediamo intorno a noi, ma pensavo anche al senso della speranza, cui ci porta a riflettere il Giubileo che stiamo vivendo.
«Non basta deplorare e denunciare le brutture del mondo. Non basta neppure, per la nostra epoca disincantata, parlare di giustizia, di doveri, di bene comune, di programmi pastorali, di esigenze evangeliche. Bisogna parlarne con un cuore carico di amore compassionevole, facendo esperienza di quella carità che dona con gioia e suscita entusiasmo; bisogna irradiare la bellezza di ciò che è vero e giusto nella vita, perché solo questa bellezza rapisce veramente i cuori e li rivolge a Dio».
Così diceva il cardinal Martini nella sua Lettera pastorale del 1999/2000 dal titolo emblematico Quale bellezza salverà il mondo.
La bellezza per noi non è una questione astratta, ma è una parola che si esplicita come espressione del vero, del buono e del giusto ed è con questi occhiali che vogliamo guardare alle comunità in cui viviamo.
La pandemia (che sembra ormai molto lontana…) ha prodotto una grave crisi su più fronti; ci ha, tuttavia, messi drammaticamente di fronte alla scelta delle cose fondamentali, all’essenza intima e profonda della vita, alla sua radicale bellezza. Ed è la bellezza nell’agire che dovremmo perseguire per partecipare al bene. Il primo campo di azione sono le nostre comunità, specialmente quelle più insidiate dalla bruttezza e dall’abbandono, dove il disagio sociale si esprime a partire da progetti urbanistici errati. Nelle tante periferie della nostra società c’è estremo bisogno di individuare formule capaci di rigenerare luoghi e comunità ai margini.
Ricostruire le periferie non vuol dire dedicarsi solo agli edifici e alle strade, vuol dire soprattutto ricucire le relazioni. Creare spazi di bellezza e di incontro a partire dagli usi sociali degli spazi periferici e dalle esigenze emergenti dalle comunità che in tali spazi abitano è il primo passo per un nuovo protagonismo sociale nella gestione di beni collettivi e nello sviluppo di servizi innovativi.
La bellezza rappresenta una stella polare anche per immaginare nuovi luoghi e nuove formule di lavoro, oltre che per rielaborare le agende di sviluppo urbano e territoriale. Il lavoro, frantumato, precario, spogliato delle sue caratteristiche distintive, quasi disincarnato è ancora e sempre un’esperienza umana fondamentale, il cui significato etico sta alla base della sua valorizzazione sul piano economico, della sua regolazione politica, delle modalità di configurare l’organizzazione lavorativa (e non viceversa, pena continuare a morire di lavoro!).
Di fronte al lavoro svalutato e degradato vogliamo testimoniare che anche in questo ambito è possibile pensare e realizzare il bello, non solo nei prodotti, ma nei processi. Che è possibile creare un mondo del lavoro fondato su relazioni giuste. Guardare al lavoro dalla visuale della bellezza significa rimettere al centro i talenti e la dignità delle persone, promuovere il lavoro di squadra dove i lavoratori sono messi in collaborazione e non in competizione tra loro, consentire ai mestieri di esprimere la loro intima capacità generativa, agevolare la trasmissione dei saperi e la possibilità del nuovo, favorire l’incontro tra le generazioni e la capacità di progettare la vita personale e sociale, socializzare alla legalità, alla partecipazione, alla sobrietà.
Credo che la cosa più importante di cui c’è bisogno nell’epoca degli haters, delle “bestie” social, per quanto ferite, nell’epoca delle emoticon che ridono sotto le disgrazie altrui, sia quella di evidenziare sempre la speranza, di provare a costruire e non distruggere, la battaglia del perdono e quella della bellezza.
Vi dedichiamo queste pagine cercando di parlare di bellezza, nonostante tutto.

m.r.z.


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